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Appunti
di tecnica fotografica |
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(6) L’elemento sensibile alla luce Ai tempi della “dagherrotipia” e della “calotipia”, l’idea di supporto per le immagini era molto diversa da quella alla quale noi siamo abituati. Frutto sempre di complicate alchimie che all’epoca dovevano sembrare ai profani più vicine alla stregoneria che alla scienza... |
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Consisteva
in una lastra di rame superficialmente argentato,
che esposta in un contenitore chiuso, a vapori
di iodio formava sulla sua superficie uno
strato di ioduro d’argento. A questo punto si era pronti per… ...scattare. E dopo vari minuti di esposizione con la "macchina fotografica", la stessa lastra veniva riscaldata e sottoposta, in un secondo contenitore, ad evaporazione di mercurio. |
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Il
metallo , contenuto in una vaschetta sul fondo
del contenitore stesso e portato a circa 60°
da un fornellino ad alcool, forniva i vapori
necessari. Il tutto veniva poi lavato con
una soluzione concentrata e calda di trisolfato
di sodio. |
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Detto in questo modo e guardando l’immagine
sopra sembra tutto facile, ma le tolleranze
sui tempi e sulle temperature, alle quali
venivano eseguite le varie operazioni, erano
veramente tassative, e si deve considerare
inoltre che tutto veniva fatto senza vedere
alcun risultato fino alla fine del procedimento.
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Da
tutti venne inizialmente considerato inferiore
al dagherrotipo, perché richiedeva
due passaggi prima di ottenere un’immagine
positiva, e la qualità o nitidezza,
come diremmo oggi, era più bassa.
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La
pellicola altro non era, come diceva Talbot,
che ottima carta da lettera.
La carta veniva incerata per renderla piu' trasparente pennellata con ioduro di potassio e ioduro d’argento, essiccata e sensibilizzata con una miscela di nitrato d’argento, acido pirogallico e acido acetico. Così preparata, poteva essere utilizzata in un "apparecchio fotografico" e dopo l’esposizione veniva sviluppata in una soluzione simile a quella usata per sensibilizzarla. Il fissaggio veniva effettuato tramite trisolfato di sodio. Successivamente il negativo ottenuto veniva stampato per contatto su carta trattata con cloruro d'argento. Due
passaggi, prima un negativo poi una stampa
positiva, complicato e laborioso, certamente,
ma in questo modo si potevano ottenere
più copie dallo stesso negativo,
e fu questa la forza del procedimento
di Talbot, ancora oggi utilizzato come
principio operativo.
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La
carta usata come negativo mostrava tutti i
suoi limiti e per quanto si tentasse di renderla
trasparente, la sua trama impediva di ottenere
elevata nitidezza d’immagine. Nel 1951 Fredederick Scott Archer scoprì che una soluzione di nitrocellulosa, diluita in alcool ed etere, faceva aderire perfettamente al vetro la miscela di sali d’argento sensibilie alla luce, ottenendo cosi' una lastra negativa molto piu' trasparente che permetteva di ottenere immagini dai particolari ben definiti.
L’albumina fungeva invece da legante
per l’emulsione sulle carte da stampa
dei positivi e nonostante la tendenza a
degradarsi trattandosi di un materiale organico
questo sistema ebbe una tale diffusione
che nella sola fabbrica di Dresda, la kodak
arrivo' ad utilizzare fino a 60.000 uova
al giorno per soddisfare la richiesta.
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Erano
nate le lastre fotografiche al "collodio
umido" e le carte da stampa albuminate
che sono state utilizzate fino all’avvento
della celluloide (nitrocellulosa diluita,
in azoto e plastificata con canfora),
e sostituite in seguito dell’acetato
di cellulosa.
E’ costituita da un supporto plastico, (acetato di cellulosa) sul quale è stato steso uno strato sensibile alla luce chiamato emulsione. In questo strato sottilissimo di gelatina sono sospesi dei microcristalli d’alogenuro d’argento. |
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I microcristalli, colpiti dalla luce, subiscono un mutamento chimico e creano la cosiddetta immagine latente (non visibile). Solo lo sviluppo permetterà di rendere visibile l’immagine registrata. |
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Nella
fotografia in bianco e nero lo sviluppo annerisce
i grani colpiti dalla luce e nel contrasto fra
i grani esposti e quelli non esposti risiede
la formazione dell’immagine. Nella fotografia a colori, con particolari processi, l’argento è sostituito da sostanze coloranti che trasformano l’immagine bianco e nero in una completamente a colori. |
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Negative
in bianco e nero Invertibili
a colori (diapositive a colori) Invertibili
in bianco e nero (diapositive in bianco e
nero) Negative
in bianco e nero per sviluppo a colori Infrarosso Lith |
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